Intervista a Giovanni Garbo
Nato a Padova nel 1957, fotografa sin dal 1979; appassionato di storia della fotografia, da subito si innamora di stampa in camera oscura e fotografia in bianco e nero, frequentando “a bottega” molti corsi di sviluppo e stampa facendo molta pratica sulla propria produzione. Dopo una pausa dovuta agli impegni di famiglia, torna alla sua passione nel 2011 e, attraverso la partecipazione ad un workshop, si avvicina al Gruppo Mignon cui entra a fare parte attivamente nel 2012.
Come definiresti il tuo stile fotografico? Cosa ti interessa produrre con la tua macchina fotografica?
Il mio “focus” è certamente l’umanità ed in particolare mi piace raccontare la gente del mio territorio; la macchina fotografica è il mio mezzo di espressione per elezione, attraverso il quale indago l’ambiente che mi circonda.
Il mio è un approccio documentaristico, molto riflessivo.
Perché la scelta di fotografare in analogico e con medio formato? Cosa non ti piace della tecnologia digitale?
Lavorare in pellicola e con medio formato mi corrisponde molto, si sposa con il mio approccio riflessivo, ragionato. La lentezza e la artigianalità minuziosa del processo di trattamento del negativo, fino alla stampa, sono in sintonia con il mio desiderio di creare opere curate e durevoli nel tempo.
Quali sono i fotografi cui ti ispiri maggiormente?
Mi sono sempre ritrovato in tutti quei fotografi che hanno al centro il racconto dell’umanità. Primo fra tutti, Paul Strand, ma anche Lewis Hine, William Eugene Smith o Sebastiao Salgado.
Tra i miei preferiti c’è Edouard Boubat, che considero un poeta; quando sfoglio i suoi libri scopro sempre qualcosa di nuovo, lo amo perché rivolto a celebrare la vita.
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